"Albisola la produzione del Novecento, attuale artigianato
e previsioni future; rapporto fra mercato dell' artigianato e mercato
turistico-culturale"
Conoscete tutti la storia e
l'evoluzione della ceramica di Albisola.
Tralasciando il Seicento e
Settecento, con una produzione però ancora in uso oggi, vorrei iniziare la mia
narrazione con la produzione di stoviglie che ebbe grande sviluppo nel corso
dell'Ottocento.
In
allora la produzione era improntata alla grande quantità, una industria
manifatturiera diffusa.
Nel
senso che c'erano molti produttori, ma in concreto una produzione
omogeneizzata.
Con
la fine dell'Ottocento, la costruzione della ferrovia, un cambio epocale di
vita, avvenne anche la crisi della produzione di stoviglie in terracotta,
soppiantate appunto dalla produzione industriale.
Ci
fu quindi la necessità di reinventarsi. Lo fece Manlio Trucco con la
collaborazione con Martini e con l'introduzione di nuovi stili, lo fece la
famiglia Mazzotti.
Parallelamente ci fu uno
sviluppo delle ceramiche industriali con Piral e Fac (1949).
In
pratica il territorio cambiò fisionomia.
Da una parte la produzione artigianale (manifatture con un
numero di addetti di rilievo numericamente) a con numeri di produzione
importanti nonch´ collaborazioni di prestigio (Campari eccetera), da una parte
laboratori che vivevano su commissioni private e turismo balneare.
In
questo contesto l'apertura culturale di Tullio, la struttura aziendale,
permisero alla Mazzotti di accendere la collaborazione con il mondo
artistico.
Futurismo e Anni Cinquanta
sono stati la scintilla incendiaria, un incendio che ha travolto Albisola. Con
luci e ombre.
Le
luci sono rappresentate da una notorietà mondiale di questo luogo, le ombre sono
rappresentate da una spogliazione da parte dell'artigiano della sua funzione
creativa, progettuale, lasciando il valore aggiunto dell'estro nella mani degli
artisti.
Dagli inizi del Duemila, è
mia opinione, che il livello artistico si sia abbassato. Faccio una premessa
ovvero che esiste l'arte di espressione, per la quale la ceramica viene
utilizzata per realizzare opere uniche, e che esiste l'arte applicata o
design per cui autori frequentano i
lavoratori per cercare collaborazioni e esecutori tecnici.
Le
industrie hanno chiuso (Piral e Fac), gli artisti frequentano meno.
Rimangono però delle realtà
di rilievo nel campo della produzione artigianale, magari con numeri meno
significativi, ma con produzione di qualità. Rimangono artigiani che collaborano
con designer affermati.
Fatta questa lunga premessa,
faccio due osservazioni per avviare l'infornata.
Ritengo che il
valore aggiunto sia nella creatività, nella progettazione del nostro lavoro e
che quindi questa parte debba rientrare nelle aziende, le quali producono le
LORO ceramiche.
Inoltre vedo in
prospettiva futura lo spazio per un turismo culturale, il quale non acquista
solamente la ceramica, il souvenir, ma ha voglia del sapere e della
memoria.
In
fondo noi artigiani siamo detentori di alcune cose che sono quasi introvabili
:
- l'arte
del saper fare (obbligatorio anche il saper pensare senza il quale ogni nostra
azione è priva di contenuto)
- la
possibilità di realizzare oggetti personalizzati (cosa rara in un mercato
globalizzato)
- la
memoria e la conoscenza, la memoria della storia vissuta (non quella rivisitata
da pseudo studiosi o critici), la conoscenza di una vita che oggi è quasi
introvabile
L'orgoglio artigiano è una
questione che andrebbe dibattuta approfonditamente, così anche andrebbe
analizzato il confine fra artigianato, design, arti applicate
eccetera.
Chiudo sostenendo che in
questo quadro, benchè ci sia necessità di manovalanza produttiva, tornianti,
formatori, smaltatori, decoratori, la collaborazione con una nuova generazione
di giovani più avvicinati, per loro formazione al turismo culturale, sia
oltremodo necessaria e auspicabile. |